Ispirata alle birre chiare tedesche, questa Keller Pils si presenta velata e di un colore giallo paglierino. La schiuma pannosa completa la sua bellissima forma. A naso preponderante è l'aroma di crosta di pane, seguono un leggero erbaceo conseguente al dry hopping con luppoli Rottenburger e Mittelfruh. La beva è facilissima, scorrevole: finirla è un attimo. L'attacco leggermente dolce e maltato ne richiamano i successivi 10 litri.

Birra di frumento in stile Weizen. Questa alta fermentazione dalla densa, bianca e pannosa schiuma, sostenuta da una vivace carbonazione, si veste di un biondo dorato e risulta opalescente per via della sua ricchezza in proteine apportate dall'abbondate utilizzo di frumento. La fermentazione a temperature spinte sul range alto concesso da questo lievito Weizen, facilita la produzione di esteri e fa sì che al naso prevalga nettamente il sentore di banana (isoamil acetato). Segue una lieve speziatura tra chiodo di garofano e pepe rosa. In bocca il dolce del grano è il tema predominante accompagnato e reso più interessante dal fruttato apportato dagli esteri, banana su tutti. Una pungente carbonazione che esalta il finale leggermente acidulo ed un corpo soffice ne facilitano la beva e la rendono assai rinfrescante ed appagante.

È una birra molto tradizionale, dal colore ambrato, corposo e dal sapore pieno, con un gusto rotondo e sottolineato dal malto. Si presenta di aspetto limpido e lucente con la fine corona bianca di schiuma perfetta.

Solito carico insensato di luppoli per questa potente Double IPA in salsa East Coast. Aspetto chiaro, leggermente velata per la presenza di cereali non maltati e un abbondante Dryhop. Al naso, la frutta tropicale è dominante (Citra, Idaho7 e Cryo Pop si completano perfettamente), esaltati anche dal lievito tipico del Nord East Americano. La frutta è protagonista anche in bocca, facendoci ritrovare quanto già anticipato dal naso. Nonostante la gradazione alcolica rimane una birra ben bilanciata e di facile beva.

Doppelbock lussuriosa, energica, di razza. In questa birra il malto è padrone indiscusso della bevuta ma è anche esso stesso ad occuparsi dell'equilibrio generale. Tant'è che l'ingresso dolce di malto, miele di castagno e amaretto trova repentino bilanciamento nel finale reminescente di pane al barbecue, frutta secca tostata e un accennato ricordo di liquirizia. Vigorosa, lunga e secca, gratificante.

Questa Ale dal colore ambrato chiaro con lievi riflessi ramati, si mostra sovrastata da una pannosa schiuma bianca piuttosto persistente. Al naso gli oli essenziali rilasciati dai luppoli americani utilizzati si percepiscono con svariate sfumature che balzano dal floreale al fruttato. Pesca e polpa di frutta gialla matura si accompagna al tropicale del mango ed un agrumato che ricorda il pompelmo, sul finale emerge una punta più balsamica. Al gusto emerge una buona base maltata che ne sostiene la luppolatura, amaro presente ma non coprente, non si tratta di una APA in versione estrema. Il suo buon bilanciamento amaro-aroma ci porta dal dolce fruttato iniziale al citrico ed agrumato per poi condurci alla fine della sorsata lasciandoci un piacevole finale erbaceo regalato dal generoso dry hopping. Il corpo presente e snello agevola l'assunzione in dosi massicce di questi audaci luppoli.

Il naso di questa belga è incentrato prima sui cereali, poi su frutta come uva bianca e frutti verdi. Al palato troviamo naturalmente all'attacco i cereali e gli aspetti del pane. A questi si uniscono rapidamente i frutti più verdi, piccanti e finemente dolci, che persistono per tutta la lunghezza. La degustazione si conclude con sapori più erbacei, pepati e floreali che all'inizio non percepivamo così distintamente.

Session Ipa con double dry hopping prodotta con lievito Verdant e luppoli americani Citra e Falconer’s Flight, dagli importanti sentori agrumati di arancia, pompelmo e limone fino a qualche timido accenno floreale e tropicale. Corpo esile e di bassa gradazione alcolica, la GAVAGE è un’inno al bere, reinterpretato in stile boia. "I just started drinking till I couldn’t drink no more", questa la nostra reinterpretazione di Gavage.

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